Prestinèe Sans/2: genesi di un nuovo alfabeto

Rieccoci! Voglio subito, senza tante premesse, presentarvi al meglio il mio carattere tipografico.

«…Giunto a questo punto, dopo aver raccolto e schedato più di 400 foto raccolte in giro per Milano, non ho potuto fare a meno di muovere un primo passo nel mondo della tipografia disegnando un nuovo carattere che si confrontasse con l’ampio materiale visivo a mia disposizione. La molla che ha fatto scattare il desiderio di cimentarmi nel disegno di un nuovo font è l’ammirazione e la curiosità per il procedimento progettuale che c’è dietro a uno dei caratteri tipografici più celebri di questi ultimi anni, il Gotham: dare vita ad un nuovo alfabeto partendo da quello che i muri di una città comunicano, trattengono e tramandano, è indubbiamente una modalità progettuale affascinante.
La domanda che successivamente mi sono posto è se potesse esistere un Gotham milanese, un alfabetò cioè, che con un linguaggio moderno e attuale potesse comunicare quella che è l’anima della città meneghina, senza la pretesa di diventare il carattere istituzionale-commerciale-politico della città (lascio volentieri questo ruolo al Milano City).
Per rispondere a questa domanda bisogna innanzittuto individuare quali filoni, quali gruppi di tipografie compaiono sugli edifici milanesi. In tutta la collezione non riscontro un’estetica che domina in maniera assoluta e predominante sulle altre. Non succede come nella capitale londinese dove Eric Gill e Edward Johnston hanno segnato in maniera indelebile l’immagine “letterale” della città, dei trasporti, delle segnaletiche e perfino delle insegne dei negozi. A Milano si può notare una grande varietà di alfabeti, mai troppo appariscenti. A volte sono calligrafici, spesso geometrici e a bastoni, a volte derivanti dal Liberty, altre volte indirizzati verso la Capitalis Romana: tanti alfabeti, tante espressività ma che raramente rappresentano un’eccellenza. Tra tutte queste correnti ho scelto di focalizzarmi sull’epigrafia di origine futurista-fascista degli anni ’20 e ’30, per i seguenti motivi:



• È indubbiamente il filone più omogeneo, strutturato e diffuso sui muri della città. In questo campo, gli esempi più significativi sono, a mio parere, la scritta sulla facciata della Casa dello Studente e quella sulla Fondazione Angelo e Maria Belloni. Poi ci sono numerosi esempi rinvenuti presso il Cimitero Monumentale non si può dimenticare le iscrizione sul Tribunale di Piacentini e sulla stazione Centrale.


• È la corrente che meglio esprime la duplice l’anima di Milano: laboriosa e concreta da una parte, intima, attenta al bello (quando questo è lontano da occhi indiscreti) ed elegante dall’altra. Sono caratteri senza grazie, che hanno un’anima geometrica, modernista, funzionalista poiché discendono da un capostipite comune che è il Futura. Ma hanno anche un sapore liberty risultando più spontanei e meno rigidi dei caratteri della Bauhaus.
• È l’indirizzo che a mio avviso meglio si presta ad essere riscoperto e reso contemporaneo. Come è emerso anche da un mio colloquio con James Clough, questa tipologia di caratteri è stata troppo spesso rifiutata o timorosamente evitata per la vicinanza con il Fascismo. In realtà sono lettere dalle forme molto interessanti e nati quasi indipendentemente dal regime fascista, da cui poi sono state sfruttate per una propaganda ideologica; scaturiscono dall’incontro tutto italiano e milanese di due diverse correnti artistiche, il Liberty e il Modernismo.

Spunti storici e zeitgeist contemporaneo

Accettato come punto di partenza quello dei caratteri “fascisti” degli anni ’30 un nuovo nodo da sciogliere è quello che vede il problema di riproporre alcune idiosincrasie e alcuni soluzioni formali ormai vecchie di 7o anni e legate ad un particolare momento storico in chiave moderna e in modo che rimangano legate alla città milanese. L’obiettivo del procedimento progettuale è quello di arrivare a delineare delle forme che pur conservando un sapore italiano e milanese e ricordando alla lontata le lettere diffuse a Milano negli anni ’30, siano tuttavia contemporanee, fresche e innovative.
Sarà quindi un carattere tipografico oscillante tra due sponde, una formata e descritto dai numerosi esempi tipografici che compaiono sui muri della città milanese, l’altra definito dalla sensibilità, o meglio da una delle sensibilità contemporanee nel disegno tipografico.
Vale la pena di approfondire quest’ultimo aspetto in modo da esplicitare quali sono le carattestiche che a mio avviso rendono un carattere a bastoni attuale.
L’elemento che recentemente più ha stravolto e determinato un’arte tanto conservatrice quale è la tipografia, è senza dubbio l’avvento del digitale. È un avvento improvviso e violento che spiazza le tendenze in corso e che spalanca a nuovi orizzonti e a nuovi corsi stilistici che hanno alle spalle un carattere in comune: la globalizzazione. Al giorno d’oggi fonderie, tipografi, forum di appassionati, scuole, workshop danno vita a una rete nella Rete che tiene collegati e costantemente aggiornati gli appassionati del settore in tutto il mondo. È quindi una globalizzazione che rigurda le comunità e i dibattiti e che investe molto superficialmente i processi produttivi. La nascita di questa comunità internazionale ha portato come conseguenza una produzione di alfabeti globali perchè frutto di relazioni e dibattiti internazionali. A questa tendenza fanno eccezione, perché riescono a distinguersi e a collocarsi in realtà ben precise, solo quelle esperienze in cui o esiste un’identità e una formazione molto forte (come nel panorama contemporaneo olandese), o si cerca in modo evidente e dichiarato un legame con la tradizione e il territorio (è il caso della riscoperta del vernacolare come nel progetto di Hoelfer del carattere Gotham).
A questo punto si è dovuto individuare il filone nella tipografia recente che più offre spunti e modelli per il disegno di un nuovo font che possa esprimere al meglio lo Zeitgeist, lo spirito del tempo.
Il risultato finale dovrà essere un alfabeto sia lontano da ambiti accademici o di sperimentazione e, al contrario, versatile e concreto, molto legato ad una “realtà bassa” perché ideato per essere utilizzato sulle facciate degli edifici, su insegne, targhe o per progetti di identità, dove si vuole comunicare un senso di discreto di eleganza, di voglia di innovazione e di laboriosità e quindi anche un tocco di milanesità.



Tenendo presente questi punti di partenza si può immaginare un alfabeto fornito di lettere ben leggibili, curate nei particolari, che dimostri di aver superato la fase decostruttivista del post-modernismo; con un occhio ampio, con forme aperte e una scarsa altezza di ascendenti e discendenti; possiederà poche idiosincrasie tali da renderlo unico e distinguibile nella grande offerta di font. Dovrà quindi evitare forme troppo rigide e fredde o al contrario forme ricche di decorazioni e forme innaturali all’occhio (come ad esempio quelle derivanti dal Liberty) e presenterà un andamento vario e cadenzato, ritmato in maniera netta dalla diversa larghezza delle lettere in particolare dell’alfabeto maiuscolo.
Le cose dette fino ad ora, ci portano a scoprire un’altra tendenza importante nel disegno dei caratteri di questi ultimi anni. La riscoperta del tratto manuale in una chiave nuova e mai affrontata precedentemente: il disegno del carattere viene “sporcato” da elementi freschi, spontanei, è arricchito da forme sinuose derivanti dalla scrittura non tanto per risultare una mera imitazione di una lettera tracciata a mano libera e neppure per rispolverare decorazioni stilistiche tipiche degli alfabeti inglese dell’Ottocento. È una «tendenza alla “razionalizzazione” monolineare di segni manuali», cioè a riproporre degli elementi spontanei e personali filtrati però attraverso un disegno costruito e controllato del tratto, spesso monolineare.
Concretamente si è tenuto sott’occhio lo specimen del Bliss di Jeremy Tankard, un carattere graziato che si rifa agli insegnamenti calligrafici di Johnston e alla sua convinzione che un carattere a bastoni può essere reso più armonioso e gradito all’occhio se strutturato con le proporzioni della Capitalis Romana. Anche lo Scala di Martin Majoor, è stato un costante riferimento per le sinuosità e i richiami a elementi calligrafici, celati dietro ad un disegno essenziale e limpido.



Due sponde stilistiche e i multiple master

Per meglio concretizzare gli aspetti legati alle due sponde progettuali si è deciso di tracciare in modo dettagliato due alfabeti di studio, due alfabeti che manifestassero nel modo più completo possibile le idiosincrasie proprie degli anni ’20 e ’30 e quelle della sensibilità odierna nella tipografia. Per limitare il numero quasi infinito di strade percorribili nella definizione delle forme delle lettere, si è scelto di tenere le medesime proporzioni strutturali (in particolare per il maiuscolo) cercando di agire sui tratti orizzontali e su un differente approccio al disegno delle lettere: geometrico e razionalista da una parte, umanista e sinuoso dall’altra.
Una volta di fronte ai due “scheletri” tipografici, si è dovuto individuare una soluzione per arrivare al giusto compromesso che tenesse insieme le due diverse serie di lettere. Un primo passo verso la soluzione finale è stato quello di fondere i tracciati vettoriali delle coppie di lettere. Sfruttando la tecnologia dei Multiple Masters, funzione normalmente utilizzata per interpolare due diverse estremità del font (bold/thin, condensed/extendend) o per riportare variazioni ottiche al variare del corpo del carattere, si è ottenuto un morphing continuo che ha permesso il passaggio da un alfabeto all’altro. Controllando il grado di fusione si è potuto agevolmente ottenere una scala di caratteri, potenzialmente infinita, che oscillava tra un entremo e l’altro.

Il successivo passo progettuale è stato quello di scegliere la gradazione che garantiva delle forme più interessanti, nel rispetto dell’ambizione di partenza, quella di ottenere un font milanese, dalle radici vernacolari. In una scala che andava da 1 a 1000 si è deciso di esportare l’istanza corrispondente al valore 530. L’alfabeto ottenuto non è stato poi immune da ulteriori ritocchi e limature. Se questa prima parte del percorso ha offerto una sorta di auto-generazione della forma, la seconda fase prevede un puntiglioso lavoro di pulizia delle forme e dei tratti e al tradizionale processo di lavorazione del carattere».

Per vedere lo specimen completo: qui.

Testo tratto da "Il vernacolo dell'alfabeto a Milano", il mio lavoro di tesi presentato al Politecnico di Milano il 25 luglio 2007.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cazzarola massi, fai prima a a mettere un pdf della tua tesi in download ;-)