Renzo Piano in Bovisa

In attesa del giudizio di Dani Melesi sulla lezione di Renzo Piano tenuta nel prato ovale del campus Bovisa del Politecnico di Milano, ripercorro 4 punti affrontati dall'architetto genovese che ho trovato piuttosto interessanti (tratti dal blog di Leandro Agrò, leeander.com):

DALL’ANSIA DEL SOCIALE, ALLE TRAVI & LA POETICA
Renzo Piano è stato studente in un periodo tormentato da proteste, occupazioni e movimenti culturali. Lui lo descrive come un periodo di notti trascorse in Università -spesso dormendo come capitava- pur di discutere questa “Ansia del Sociale” che era tipica del momento storico.

Ma alle “teorie” discusse sino allo sfinimento la notte, corrispondeva poi un giorno fatto di TRAVI, PILASTRI, GIUNTI, MATERIALI, etc. Ovvero, alla parte umanistica e corrispondeva poi una parte tecnica profonda. Perché -come dice Renzo Piano- guai a sapere cosa fare e NON saperlo fare, oppure a saper fare delle cose che non sai PERCHE’ ha senso che siano fatte.

Deve essere chiaro che l’archittura non è solo tecnica più teoria, ma anche poetica. Ma di questa parte Renzo Piano NON vuole parlare assolutamente. Perché ritiene NON sia utile parlare ma -semmai- fare. Un pò come Kandinsky quando disse “io faccio molta teoria ma non ci penso mai quando dipingo“.

I MAESTRI
L’ha detto Renzo Piano: ”Io ho rubato tutta la vita“. I maestri sono fondamentali per apprendere e costruire ciò che si sarà, ma non per seguirli in accademie di pensiero uniforme, bensì per rapinarli e disobbedirli.
Un Renzo Piano pacato, inbiancato dall’età eppure “PUNK irrispettoso”, che incita a PRENDERE TUTTO dai maestri (tranne il portafoglio, ha precisato) NON PER COPIARLI, ma per rimasticarli, digerirli, contraddirli, disobbedire, reinventarli.

Pensandoci, le tre espressioni usate dal più noto architetto del Pianeta sono state: Rubate, non obbedite, Restituite. E su Restituite non ha fatto alcun approfondimento.

GLI ACCADEMICI
Renzo Piano scuote l’uditorio con questa espressione forte:”A noi tempi gli accademici li picchiavamo e li cacciavamo via! anzi, se qui c’è un accademico, che lo dica che…” (e fa il gesto di menar le mani, suscitando -data la sua pacatezza- l’ilarità degli ascoltatori).

Questa espressione che la dice tutta sull’uomo “Renzo Piano”. Una persona di idee e d’ azione. Uno non particolarmente adatto alle mediazioni, ma sopratutto uno che dell’accademia ha odiato la “soluzione pronta all’uso”, la “ricetta buona per tutte le occasioni” e il “ripararsi sotto la gonna delle idee comuni dell’accademia”. Perché “ricorrere al modello come soluzione NON HA SENSO“.

LA POLITICA
Politica -dice Renzo Piano- viene da Polis e rimanda all’arte di costruire le città. La politica è “costuire le città” e quindi è probabilmente il più bel mestiere della Terra. D’altro canto, se pensate all’architettura delle grandi Chiese, dei grandi palazzi, questa è certamente una architettura che -se anche fosse solo gesto tecnico- ha un impatto sulla Città e dunque sul sociale, e dunque architettura e politica hanno un legame.

E poi ha cambiato registro e -testuali parole- ha detto:”Questo è un Paese dove VERGOGNOSAMENTE non si fanno i concorsi“. D’altro canto, un politico che indice un concorso perde il controllo dell’opera e del lavoro assegnato, consegnando tutto al TALENTO. Infatti, la FORZA DI AVER VINTO UN CONCORSO rende liberi e fa si che si possa davvero impremere la propria impronta sull’edificio o l’opera da realizzare.
Diverso è l’accettare un incarico SENZA un concorso: SI è due volte schiavi, sia nel riuscire ad esprimere appieno la propria progettualità che nel dover essere eternamente grati a chi ha concesso l’incarico in via personale non direttamente collegata a meriti acquisiti sul campo.

1 commento:

LM ha detto...

Grazie Massi che mi hai rinnegato anche come critico...